I premi

In epoca medievale, la corsa del Palio non prevedeva che due premi: il palio, drappo di velluto o stoffa preziosa, per il primo arrivato, ed un gallo vivo per il secondo, come ben documentato dai libri dei conti della tesoreria ducale. Se il primo premio ha un elevatissimo valore venale, il secondo ne è praticamente privo e ha una funzione soprattutto simbolica e morale.

Nel corso del XVI secolo i premi subirono una radicale trasformazione, aumentando di numero e cristallizzandosi definitivamente nella loro attuale graduatoria almeno dai primissimi anni del XVII secolo.

Palio edizione 2025

Il primo premio è il palio, drappo di velluto cremisi “in tre peli, della qualità e bontà solite“, che per tradizione deve essere lungo 16 rasi astigiani Il palio viene posto, legato, sotto al sendallo, la tela dipinta ogni anno da un Maestro del Palio, raffigurante per tradizione lo Stemma della Città di Asti, San Secondo a cavallo e il motto della Città “Aste Nitet Mundo Sancto Custode Secundo“.

Il secondo premio, dal 1929, è una «borsa con monete d’argento». Nel Palio antico però la borsa era tutt’altra cosa. Si trattava infatti di uno scampolo dello stesso velluto impiegato nella confezione del palio, arricchito da frange e galloni. Le sue dimensioni erano piuttosto variabili, ma non erano mai superiori ai 70 cm. La borsa si presentava, in sostanza, come un quadrato di velluto di modeste dimensioni, ma dalla ricca decorazione e, mediante un pezzo di passamaneria, veniva appeso allo stendardo del palio per tutto lo svolgersi della manifestazione. Simbolicamente, rappresentava un beffardo «assaggio» del primo premio che il secondo arrivato non aveva saputo conseguire. A partire dal XVI secolo, la borsa divenne il secondo premio e, alla ripresa del Palio negli anni trenta, l’interpretazione del premio mutò, trasformando la borsa in «borsa di monete d’argento».

Il terzo premio è un paio di «speroni»; essi fanno la loro comparsa solo agli inizi del XVII secolo come premio per il terzo classificato. Erano di ferro, argentati o più spesso dorati. Gli speroni furono introdotti come terzo premio, come un invito a utilizzarli in futuro per conseguire risultati migliori. Non va dimenticato che fino ai primi decenni del XIX secolo l’uso degli speroni era ammesso durante la corsa del Palio, purché di forma e lunghezza compatibili con quanto prescritto dai regolamenti della corsa.

Il quarto premio è un «gallo vivo»; nei verbali del Quattrocento della corsa si cita il gallo come premio al secondo cavallo più veloce. Agli inizi del Seicento, il premio slittò al quarto posto ed è rimasto tale anche nell’edizione moderna.
Il gallo, dalle origini ad oggi, è sempre stato assegnato vivo, contenuto e trasportato in una cesta. Era ed è un premio dalle forti valenze simboliche: rappresenta infatti la libertà comunale, la vittoria del bene sul male, l’ardimento e la riscossa dell’anima sul peccato.

Il quinto premio è una «coccarda» con i colori della città, bianco e rosso. Si tratta di una tradizione ormai istituzionalizzata, ma molto recente, affermatasi con l’esigenza di aumentare il numero dei premi a seguito dell’ampliarsi del numero dei cavalli schierati al canapo per disputare la Corsa finale.

All’ultimo arrivato spetta «l’inchioda», o acciuga salata. È uno dei premi più caratteristici e sentiti del Palio di Asti. Deriva dal dialetto astigiano trecentesco anzoa, ed in seguito anchoa. Destinata all’ultimo classificato, è data in premio in segno di scherno e di disonore per lo sconfitto. L’inchioda si accompagnava, e si accompagna come premio, all’insalata. Alcune volte comparivano anche le sigolle (cipolle), che, in alcune edizioni del passato, rappresentarono un altro amarissimo premio per il penultimo classificato, ma che di solito erano messe lì ad evocare in modo inequivocabile le lacrime dello sconfitto.

“Fonte: Wikipedia”